Testi critici

PIERO MAZZI. LA FORMA DEL COLORE

Il blu e il rosso. Il blu che induce alla riflessione, all’introspezione, alla profondità; il rosso, carico di dinamismo, moto, energia. Il rosso e il blu; la profondità introspettiva di un gesto, di un volo lento, il movimento inevitabile di tutto, pulviscolare, come atmosfera, in cui lo spazio fa spazio ai corpi presenti. Siano di uomini, case lontane o gabbiani dalle ampie ali sottili come morbide lame.

Nelle opere di Piero Mazzi, grazie alla tensione cromatica che va oltre i soggetti trattati, (spesso non a caso ripetuti, sorta di serie o esercitazione), si riscontra un discorso pittorico il cui vero protagonista è il colore. La consuetudine cromatica, un mondo di visioni in rosso e blu, tradisce, nell’intenzione recondita, incoscientemente concettuale, una visione del reale trasfigurata, parallela a quella fisica e fisiologica. L’artista indossa occhiali dalle lenti colorate che tingono tutta la realtà e la deformano; ne ridisegnano proporzioni e canoni visivi. Realtà, è bene sottolinearlo, mai completamente abbandonata, mai sostituita dal solo gioco cromatico/formale; così un gabbiano che vola, con le lunghissime ali, ci si offre come un ricordo musicale di chissà quali altri voli. Una donna dalle lunghe gambe sottili, il suo cagnolino di un improbabile violetto, lo spazio assente in cui sembrano galleggiare, sono metafore di sogni e orizzonti interiori. Mondi paralleli appaiono dalle tele di Mazzi come per magia; e trovano nella tensione cromatica, nel “sentimento del colore”, il diritto d’esistere. Il colore è usato dal pittore in modo viscerale, non mediato, istintivo, gioioso e parco allo stesso tempo; una sorta di alfabeto primitivo in grado di comunicare un universo complesso di sentimenti ed emozioni. E la comunicazione è affascinante, fatta più di non detti che di frasi esplicite. È innegabile dunque che il tratto distintivo di Mazzi sia il colore; è in virtù di questo che soggetti all’apparenza emotivamente distanti, si uniscono in un unico discorso trovando nel rigoroso bicromatismo una propria intima coerenza. Attraverso quello che gli piace definire forma del colore l’artista raggiunge il proprio scopo; fornisce a chi guarda le coordinate per accedere ad un mondo personale, poetico, ricostruito attraverso sentimento e dedizione.

Leonardo Mazzi

TESTIMONIANZE

«Siamo molto felici di ospitare all’Hotel Hermitage all’isola d’Elba ininterrottamente dagli anni ‘80 le mostre dell’artista Piero Mazzi. Evidentemente si è creato un proficuo connubio tra l’artista e la nostra isola. Il mare, i gabbiani, il tempo rarefatto del mare sono entrati a far parte del repertorio e dell’animo del maestro Mazzi.
Con il comune denominatore dei due soli colori utilizzati, il rosso ed il blu, il maestro Mazzi ritrae scorci e momenti dell’isola d’Elba, con una attenzione ed un amore che spesso ci rendono stupefatti nel vedere realizzati su tela i nostri sogni. L’Elba è una costante nel lavoro di Mazzi, come detto, e questo lo si vede anche nell’attenzione all’uso di materie locali, quali il granito (abbinato a metalli pregiati) usato per le opere scultore in cui la serenità della vita è rappresentata dal volo di un gabbiano o dall’ergersi di un delfino. Certamente, se da trenta anni, i nostri ospiti, accolgono ed amano le opere di Mazzi, inserendone sempre di nuove nelle proprie collezioni, questo è perché il maestro ha saputo entrare nei ritmi di una terra tanto preziosa e complessa, amandola e rappresentandola in tutta la sua bellezza».

Ing Massimo de Ferrari

«Penso che il segreto del successo di ogni espressione artistica, dalla pittura alla musica, sia la riconoscibilià dell’opera. Per questo sono contento di “riconoscere” il Maestro Piero Mazzi».

Claudio Cecchetto

Piero Mazzi
MICROCOSMI / Più veri del vero

Pontassieve, Sala delle Eroine, 31 Ottobre – 19 Dicembre 2015

La selezione di opere presentate nell’esposizione MICROCOSMI, mostra gli ultimi risultati della ricerca artistica di Piero Mazzi. Senza voler intraprendere una digressione storica sul lavoro dell’artista, basterà dire, per intessere un filo di coerenza con i lavori precedenti, che anche in queste opere, come da oltre quarant’anni, l’alfabeto cromatico affonda dentro le scelte care a Mazzi. Il blu e il rosso.

Il blu e il rosso.
Il blu che induce alla riflessione, all’introspezione, alla profondità; il rosso, carico di dinamismo, moto, energia. Il rosso e il blu; la profondità introspettiva di un gesto e il movimento inevitabile di tutto.

Nelle opere di Piero Mazzi, grazie alla tensione cromatica che va oltre i soggetti trattati, (spesso non a caso ripetuti, sorta di serie o esercitazione), si riscontra un discorso pittorico il cui vero protagonista è il colore.
La consuetudine cromatica, un mondo di visioni in rosso e blu, tradisce, nell’intenzione dell’artista, una visione del reale trasfigurata.

L’artista indossa occhiali dalle lenti colorate che tingono tutta la realtà e la deformano; ne ridisegnano proporzioni e canoni visivi. Realtà, è bene sottolinearlo, mai completamente abbandonata, mai sostituita dal solo gioco cromatico/ formale; così una donna dalle lunghe gambe sottili, il suo cagnolino, lo spazio assente in cui sembrano galleggiare, sono metafore di sogni e orizzonti interiori.

Il colore è usato come una sorta di alfabeto primitivo in grado di comunicare un universo complesso di sentimenti ed emozioni.
E la comunicazione è affascinante, fatta più di non detti che di frasi esplicite.

È innegabile e provocatorio dunque che il tratto distintivo di Mazzi sia il colore. Attraverso quello che egli stesso ama definire forma del colore, l’artista raggiunge il proprio scopo; fornisce a chi guarda le coordinate per accedere ad un mondo personale, poetico, ricostruito attraverso sentimento e dedizione.

E questo mondo è proprio quello dei colori scelti. O forse dei colori che loro stessi hanno scelto, se non obbligato, l’artista alla loro egoistica esclusività.

E così, come se fossero leggi non scritte, ma inevitabili, forme e colori creano la condizione necessaria alla nascita di piccoli esperimenti; di MICROCOSMI autoctoni nel mondo emotivo ed espressivo dell’artista.
Mondi di dimensioni ridotte, “dotati di alta specializzazione e caratterizzati da una notevole capacità di sintesi”. Mondi in cui tutto è ri-regolato da leggi specifiche e particolari.

Sono di questo tipo gli scenari che Mazzi presenta, o meglio anima, nei risultati della sua più recente produzione pittorica. Tele in cui a entrarci in relazione si ha l’impressione di sbirciare dentro a mondi paralleli, ma, come detto, mai distanti dalla realtà.
Qui, uomini e donne, oggetti e animali, dialogano attraverso un alfabeto fatto principalmente di assonanze e stridori; i colori e le forme si spaventano e si accolgono a vicenda creando così di volta in volta le condizioni per cui abbia inizio il racconto di una storia.

È qui, a questo punto, che tutti gli elementi del discorso, formali, contenutistici, concettuali, si sommano per creare realtà, o meglio iper-realtà. Smarrite le proporzioni anatomiche, ribaltati i punti di fuga e i rapporti cromatici, Mazzi crea, tela dopo tela, piccole teche dove salvare il diverso, l’impreciso, il deforme, l’aggraziato.
La fantasia recupera storie quotidiane, fatte di incontri e di oggetti comuni; allo stesso modo lo sguardo recupera, tra scarti di produzione e utensili forme che di nuovo trasfigurano la realtà. Ecco che, negli oggetti scultorei, o meglio negli assemblage, la corona di una vecchia bicicletta diviene un fulgente girasole, una radice di ulivo – raccolta nelle giornate di lavoro in campagna – diviene la pancia di un veliero fantastico, la metà di un disco – usato per tagliare il granito – diviene la schiena morbida di un piccolo riccio.

E’ inevitabile quindi, alla fine di questo sguardo d’insieme sulla recente produzione di Piero Mazzi, rendersi conto che, come spesso accade, l’azione brutale della creazione non separa il vero dal falso ma offre un punto di vista diverso sulla realtà.

Niente può continuare a essere vero ma tutto diviene verosimile: e per questo i Microcosmi di Mazzi ci appaiono più veri del vero.

L. M. ottobre 2015